Chi non è un riccio?
Aprile 9, 2017
Le relazioni umane sono proprio difficili, c’è un detto che dice come fai sbagli, perché se non fai niente non puoi di certo sbagliare. Convivere è difficile, anche i nostri bambini giorno dopo giorno si trovano a doversi relazionare con i loro pari e non sempre è facile. Per non parlare delle cronache dei giornali e telegiornali che sono piene di racconti di violenze e di soprusi. Ogni volta che succede un fatto grave poi tutti cercano di capire come sia potuto succedere. Ma talvolta, anzi spesso, basterebbe poco, solo parlarsi e ascoltarsi come ci insegna questa semplice favola di Marcella Geraci, pubblicata su internet. Nel bosco dei tre aceri, ogni mattina, gli alberi fabbricavano aria pulita, mentre dalle piccole sorgenti sgorgava acqua limpida che serviva a mille usi. Il gufo faceva il postino, portando le notizie da una parte all’altra, il pipistrello era il parrucchiere di tutti. Al lupo, considerato un grande chef, spettava cucinare aiutato dalla volpe. Le corna dell’alce, del cervo e dello stambecco servivano a legare i fili dove stendere la biancheria, mentre l’orso faceva il bucato.
Il ghiro poi aveva rinunciato a qualche oretta di sonno per cantare la ninna nanna a tutti i piccoli del bosco.
Insomma, il bosco viveva in armonia, finché un giorno arrivò un riccio che decise di scavarsi una tana proprio fra i cespugli di quel luogo quasi magico. Durante la notte, il riccio camminava, alla ricerca di qualcosa da mangiare, mentre di giorno riposava nella sua tana, lontano da tutti. L’animale era quindi guardato dagli altri con sospetto e nessuno lo aveva mai invitato a presentarsi o a scambiare due chiacchiere. Dal canto suo, il riccio ricambiava quell’ostilità e quando gli capitava di incontrare un animaletto sulla sua strada o vicino alla sua tana, drizzava gli aculei finché il malcapitato non fuggiva impaurito.
Drizza oggi e drizza domani, le creature del bosco decisero di riunirsi per parlare al nuovo venuto e chiedergli spiegazioni sul suo comportamento. Ma, invece di rivolgersi gentilmente, lo minacciarono. Rosso in viso, il riccio uscì dalla sua tana e, mortificato, rispose: “Da quando mi sono trasferito nel bosco, nessuno mi ha mai rivolto un sorriso, una parola buona o una gentilezza. Per voi sono sempre stato un problema da risolvere, così anche voi lo siete diventati per me: tanti piccoli ostacoli da affrontare, ognuno con una faccia diversa.” Allora il più anziano tra gli alberi, accortosi che si erano comportati male chiese scusa. “No, signor acero. Sono io che devo chiedervi scusa per non aver detto prima quello che pensavo. Se vi avessi sorriso e guardato in modo benevolo, le cose sarebbero state diverse. Chiedo scusa a tutti” disse il riccio. Così, nell’imbarazzo generale, il riccio e gli altri animali compresero che un sorriso e una parola sincera aiutano a conoscersi e che conoscersi aiuta a capirsi. Da quel momento, anche il riccio prese parte alla vita del bosco insieme alle altre creature. E da quel giorno, furono sorrisi e parole buone per tutti. Con la speranza che possa essere di aiuto anche a noi, auguro a voi lettori buona lettura. Michela Klancic