Vai a…
RSS Feed

In visita alla catastrofe del Vajont


ll 9 ottobre 1963, in Italia, alle ore 22:39 accadde uno dei peggiori disastri che l’uomo potesse mai causare: in Friuli Venezia Giulia un pezzo di montagna crollò. Si  staccò dal resto del terreno. La massa cadde nel lago artificiale creato dal fiume Vajont e dallo sbarramento della diga appena costruita per far funzionare una centrale elettrica.
L’insieme di roccia, terra e alberi, precipitando in acqua, sollevò un’ondata enorme, alta 438 metri, che corse a valle travolgendo tutto ciò che incontrò sul suo percorso, compresi i paesini che si trovavano vicino alla diga e nella valle del fiume Piave, in Veneto.
In pochi attimi morirono 1.910 persone, inghiottite dal fango, dai massi e dall’acqua che cancellarono, letteralmente, il paese di Longarone e le sue frazioni.
A Longarone rimasero intatte solo 22 case.
Durante la nostra visita sui luoghi della catastrofe, ci ha fatto molta impressione osservare, appesi ad uno steccato, il numero dei bambini mai nati  e di tutti quelli rimasti vittime di questa sciagura.
In effetti,non si può parlare di incidente, bensì di disgrazia preannunciata, perché tutto quello che è accaduto quella terribile notte, lo si sarebbe potuto evitare.
La colpa è stata dell’uomo che ha cercato di la usare la natura per i suoi scopi; Toc in lingua friulana significa “marcio”, pertanto sarebbe stato meglio non creare quel bacino artificiale proprio a ridosso di questa montagna.
Questa è stata una catastrofe umana, ambientale ed economica.Umana per le povere vittime e tutti gli sfollati conseguenti la tragedia;ambientale per l’enorme danno causato al monte Toc e alle vallate circostanti ed economica per le grandi spese dello stato.
La visita al museo di Erto-Casso  ci ha mostrato delle immagini impressionanti, riguardanti i giorni successivi, nelle quali dei paesi colpiti restava solo un mare di fango.In una bacheca c’erano addirittura dei documenti scritti ai responsabili della S.A.D.E.  (Società Adriatica Di Elettricità) e al governo, nei quali si esprimevano le preoccupazioni riguardanti la costruzione della diga. Le risposte a  queste lettere erano molto tranquillizzanti e a noi, leggere ciò, ha fatto molta rabbia, perché pensiamo che i costruttori avrebbero dovuto arrendersi ai segnali della natura e al parere di alcuni geologi che si erano mostrati contrari alla costruzione dello sbarramento. In questo modo si sarebbero salvate moltissime persone.
Questo dramma ci spiega che l’uomo non può pretendere di piegare la natura perché la natura è più forte e, prima o poi, si riprende i propri spazi. Ci dice anche che noi esseri umani dobbiamo vivere in armonia sul pianeta che ci ospita, e che dobbiamo preservarlo e conservarlo in salute per le generazioni che verranno dopo di noi. Sul Monte Toc ancora oggi resta “una cicatrice bianca, che dovrebbe servire da monito a tutti.

 

Tags: , , , ,